Allora non è vero che la legge è uguale per tutti. Allora non è vero che tutti i cittadini italiani hanno pari dignità sociale senza distinzione di lingua, e la 482/99 ne è l’esempio più immorale e indifendibile.
Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie, cosa che in un Paese onesto con sé stesso dovrebbe essere un evento positivo. E invece no. La ratifica, basata sulla famigerata legge 482/99 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), include ovviamente le lingue minoritarie legate a popoli “di confine” o a enclavi dovute ad antiche migrazioni e/o mutamenti geo-politici: albanese (arbereshe), catalano, le varie lingue germaniche, grecanico, sloveno, croato, francese, franco-provenzale e occitano. Ma delle 10 lingue regionali storicamente parlate nei territori italiani e censite dall’UNESCO come in “pericolo d’estinzione” solo tre figurano nella ratifica, ovvero friulano, ladino e sardo. Lo Stato italiano azzittisce così in un solo colpo almeno 7 delle lingue regionali censite dall’UNESCO. Queste sono, in ordine alfabetico: emiliano-romagnolo, ligure, lombardo, napoletano, piemontese, siciliano, veneto. Eppure queste lingue soddisfano ineccepibilmente i criteri della Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie, essendo appunto “usate tradizionalmente sul territorio di uno Stato dai cittadini di detto Stato che formano un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato” (articolo 1.a.i), essendo in oltre “diverse dalla lingua ufficiale di detto Stato” (articolo 1.a.ii) e, in fine, non essendo “dialetti della lingua ufficiale dello Stato”.
http://www.lindipendenza.com/liberta-di-parola-ecco-la-lista-di-chi-non-ce-lha/
Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie, cosa che in un Paese onesto con sé stesso dovrebbe essere un evento positivo. E invece no. La ratifica, basata sulla famigerata legge 482/99 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), include ovviamente le lingue minoritarie legate a popoli “di confine” o a enclavi dovute ad antiche migrazioni e/o mutamenti geo-politici: albanese (arbereshe), catalano, le varie lingue germaniche, grecanico, sloveno, croato, francese, franco-provenzale e occitano. Ma delle 10 lingue regionali storicamente parlate nei territori italiani e censite dall’UNESCO come in “pericolo d’estinzione” solo tre figurano nella ratifica, ovvero friulano, ladino e sardo. Lo Stato italiano azzittisce così in un solo colpo almeno 7 delle lingue regionali censite dall’UNESCO. Queste sono, in ordine alfabetico: emiliano-romagnolo, ligure, lombardo, napoletano, piemontese, siciliano, veneto. Eppure queste lingue soddisfano ineccepibilmente i criteri della Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie, essendo appunto “usate tradizionalmente sul territorio di uno Stato dai cittadini di detto Stato che formano un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato” (articolo 1.a.i), essendo in oltre “diverse dalla lingua ufficiale di detto Stato” (articolo 1.a.ii) e, in fine, non essendo “dialetti della lingua ufficiale dello Stato”.
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