Il lettore «el leon de soca » cita il quotidiano veronese «L’Arena», per affermare la sua perplessità su questo mezzo d’informazione. Mi si permetta di ricordare, a questo proposito, un fatto storico documentato.
Un caso vistoso di commistione esplicita fra informazione, propaganda e controspionaggio è stato reso pubblico dalle memorie postume [«Ventotto anni nel Servizio Informazioni Militari (Esercito) Trento Museo trentino del Risorgimento e della lotta per la Libertà -196] del generale Tullio Marchetti, già capo del Servizio Informazioni Militari della I Armata.
«L’Arena», il quotidiano governativo di Verona nato con l’annessione del Veneto all’Italia nel 1866, è fra quelli che maggiormente aumentano tiratura e diffusione negli anni di guerra. Il principale artefice di questa travolgente espansione – l’uomo a cui fanno capo nel 1918 sia i Servizi «I» (Informazioni) che i Servizi «p» (Propaganda) – ne rivela a questo modo gli assai concreti motivi: era un giornale infiltrato e manovrato dai Servizi.
«Mi occorreva un quotidiano che non avesse radici palesi nel mondo militare, come i giornaletti di trincea, che, pur essendo dilettevoli, non potevano avere l’efficacia necessaria, in quanto il soldato li sapeva compilati dai comandi. Perciò esisteva un leggero alito di diffidenza, specie fra gli scettici ed i dubbiosi, e gli sfiduciati, che non mancavano mai.
I grandi giornali, come «il Corriere della Sera» ecc., per quanto animati da buona volontà per seguire le direttive generiche loro impartite in senso politico-patriottico, non potevano mettersi sotto la tutela di un ufficio militare, ed era cosa naturale.
Io, invece, volevo un quotidiano tutto mio, di vecchia data ed ormai diffuso fra la popolazione della mia zona, il quale facesse sue le mie idee, i miei fini, che seguisse senza deviazioni la linea di condotta che gli avrei indicata, in maniera di fare una propaganda vasta, soprattutto insospettata, non solo al fronte, ma anche nella plaga di guerra in mia giurisdizione.
Usciva a Verona il quotidiano del Partito Liberale «L’Arena», di già assai diffuso in provincia, il quale contava 55 anni di vita.
Per una felice combinazione «L’Arena» cambiava di proprietario ed abbisognava di un nuovo direttore. Era in mano di una triade: il sig. Rossi, presidente della Società editrice, il senatore Luigi Dorigo e il deputato Luigi Messedaglia.
Spiegato loro il mio scopo, mi misi subito d’accordo, ed il giornale passò sotto la mia assoluta egida. Il nuovo Direttore fu il capitano Cenzato, il quale fu smobilitato e preso in forza dal Distretto Militare di Verona, rimanendo così libero dal servizio e nello stesso tempo sempre militare. Fu da me autorizzato a vestire in borghese. Il personale della tipografia de «L’Arena» fu tutto militarizzato, con l’accorgimento usato per il Cenzato, ed io ebbi carta bianca in tutto e per tutto.
Ogni giorno il Cenzato si abboccava con me prima che il foglio andasse alla stampa ed io, oltre alle direttive, gli fornivo anche notizie spicciole semibelliche, che interessavano il pubblico e che non potevano essere a conoscenza di altri giornali, perché di sola mia fonte, notiziole che mi affluivano dal fronte, dalle valli, dal mio servizio estero, ma tutte pubblicabili senza che mai ledessero la riservatezza del mio servizio.
Non per sdebitarmi, ma per contraccambiare le facilitazioni fattemi dai proprietari dell’«Arena», li aiutai in tutti i modi a superare le difficoltà materiali che ogni tanto sorgevano, specie nel periodo in cui la carta era contingentata, durante il quale il mio giornale poté avere delle forniture eccezionali di tale indispensabile merce, a prezzo ridotto. Viaggiai due volte in camion col Cenzato per andare a Toscolano sul Garda, alla cartiera Fedrigoni, per portar via d’urgenza la carta per il quotidiano, facendo una pressione verbale un po’ imperativa sul direttore dello stabilimento che nicchiava. Sta il fatto che la carta la ebbe ed in tal modo «L’Arena», non interruppe mai la propria pubblicazione. In contrapposto il giornale veniva ceduto ai comandi alle truppe a prezzo inferiore di quello che era venduto al pubblico, ma la quantità delle copie suppliva alla esiguità del guadagno.
Dalle normali diecimila copie, la tiratura con le forniture militari arrivò alle trentamila.
Il mio ufficio aiutò pure, e di molto, la diffusione de «L’Arena». Il giornale veniva preso alla tipografia a mezzo camions militari e portato in linea, ove giungeva alle truppe più vicine ancora in mattinata ed alle più distanti nel pomeriggio a mezzo uomini di collegamento, teleferiche ecc., cosa che nessun altro giornale poté mai ottenere, nemmeno il «Corriere della Sera».
Si ebbero piccoli episodi di rivalità con altri quotidiani, che si vedevano sacrificati dalle preferenze date a «L’Arena» e ne sorsero lotte, che riuscirono vane, ché il mio giornale godeva di appoggi formidabili (non per nulla eravamo in guerra!).
La propaganda fu fatta in modo assai prudente ed ingegnoso, tale da non destare diffidenza, sia tra l’elemento militare che fra quello civile, e nessuno sospettò mai che il giornale era una emanazione diretta del mio ufficio e specialmente mia.
Perciò veniva letto assiduamente da tutti, senza prevenzioni di sorta e fu molto accetto ai combattenti.»
Commediografo in idioma veneto, giornalista alla «Perseveranza» e alla «Gazzetta di Venezia», Giovanni Cenzato, dopo avere diretto «L’Arena» di Verona dal 1918 al 1922, passerà al «Corriere della Sera» come redattore viaggiante. Non si trattava infatti di un semplice uomo di paglia dei Comandi, ma di un professionista in guerra.
A maggior ragione, dunque, mio caro «el leon de soca» dovremo tenerci caro questo quotidiano.
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