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Una storia “al femminile”, che risale al flusso migratorio di circa 3 milioni di poveri Veneti, che dagli ultimi decenni dell’Ottocento fino agli anni Cinquanta-Sessanta raggiunsero il Brasile alla ricerca di un lavoro. Al Rio Grande do Sul, la maggior parte chiedeva lavoro e libertà (all’epoca era ancora foresta vergine) per costruire la prima baracca di legno, scavare un pozzo per l’acqua e iniziare il disboscamento del terreno, in gran parte collinoso per le prime coltivazioni.
Qui di seguito, alcune sezioni del libro:
a) Viaggio nel tempo: Dopo la liberazione degli schiavi neri, nel 1871 sotto l’imperatore Pedro II, con la garanzia della libertà ai nuovi nati da donne schiave, in Brasile occorrevano persone disposte a lavorare sia per la coltivazione del caffè come per la trasformazione di una parte delle vaste foreste degli Stati del Sud in territori agricoli. Nello Stato del Rio Grande do Sul, giunsero per primi i tedeschi ed i portoghesi che occuparono i terreni più irrigati e pianeggianti, mentre le prime colonie italiane sorsero a Conde D’Eu e Dona Isabel, che poi si chiamerà Bento Gançalves. La maggioranza dei primi 729 italiani, arrivati fra il 1859 e il 1875, proveniva dall’Argentina e da Montevideo. Ma con l’inizio dei flussi dal Veneto, si formarono i comuni di Garibaldi, Fundos de Nova Palmira, chiamata in seguito Colonia Caxias, Silveira Martins. Nel 1878, sorse Nova Trento, chiamata poi Flores da Cunha, e successivamente: Erexim nel 1880, Veranopolis nel 1885, Antônio Prado ed Encantado nel 1888, Nova Bassano 1924 e Serafina Corrêa nel 1930. Dei 10 milioni di emigrati europei, arrivati in Brasile dal 1870 al 1930, 83 mila si stabilirono nelle colonie del Rio Grande do Sul già nel 1900.
La ricerca di Francesca Massarotto si svolge in una zona simile ai territori collinari del Triveneto. Lasciata Porto Alegre e attraversati i municipi formati dalle prime colonie tedesche (Sâo Leopoldo, Nova Hamburgo, Nova Petropolis), la giovane percorre 150 chilometri in corriera per raggiungere alcuni dei comuni della regione coloniale italiana, distesi lungo la Serra Gaùcha. Primo tra questi, Bento Gonçalves, sarà il punto di riferimento per la sua indagine, Farroupilha (all’origine “Nova Vicenza”, dal nome del primo insediamento vicentino), Garibaldi, Carlos Barbosa, Caxias do Sul, Nova Padua, Veranopolis e Nova Prata. Il 54% degli abitanti del territorio è di origine veneta; il 7 per cento proviene dal Trentino e il 4,5 per cento dal Friuli. In questa “Merica”, per tanto tempo disabitata e immersa nella foresta subequatoriale, si svolgono epopee e singolari esperienze di vita ricche di risvolti storici e psicologici, dalle quali emerge l’apporto delle donne venete: la loro continua speranza in un futuro migliore, la loro forza d’animo nel momento dell’abbandono della terra natia; il sacrifico nell’affrontare le conseguenze d’emigrazione; i disagi del viaggio su vecchie navi a vapore; la forza d’animo nel porsi, una volta raggiunta la nuova Patria, accanto ai genitori o al loro uomo, per iniziare una nuova vita, partendo il più del nulla.
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b) Donne in casa e nella colonia: Partendo dalle terre venete, questi nostri connazionali portarono oltre oceano i loro valori, le credenze religiose, i modelli di vita, la lingua e le tradizioni. Le donne arrivarono con i primi emigrati, anche se in numero ridotto. Erano, comunque, giovani forze: il 67% aveva tra i 20 i 40 anni, capaci quindi di svolgere i lavori più faticosi nei campi. Si sposavano all’età di 23 anni e ogni famiglia aveva in media 8 figli: ma le difficoltà e le precarie condizioni del viaggio e dell’insediamento nel territorio causava la morte del 30% dei figli prima dei 10 anni
c) Le memorie al femminile: I ricordi tramandati da alcune donne d’origine veneta spiegano i motivi della partenza dalla terra natia dei loro padri, come la povertà e la mancanza di lavoro; le speculazioni e gli inganni subiti; il viaggio in nave dal porto di Genova a Rio de Janeiro che durava oltre un mese in condizioni disumane. Sono esperienze così laceranti, che la maggior parte delle donne le ha rimosse dalla mente. Molte poi le testimonianze sugli arrivi nei porti di Rio de Janeiro, di Porto Alegre e nelle colonie venete; sulle prime difficoltà per sistemarsi nei primi alloggi improvvisati: dai barracao alle prime case di legno con un piccolo orto. Segue, infine, l’evoluzione culturale e sociale dei tanti emigrati.
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